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Appello al Governo e al Parlamento affinché l’Italia ratifichi il Trattato di Proibizione delle armi nucleari_CEC

“Non impareranno più l’arte della guerra”

Conferenza Episcopale Campana

Non impareranno più l’arte della guerra

Appello al Governo e al Parlamento affinché l’Italia ratifichi il

Trattato di Proibizione delle armi nucleari

“Alla fine dei giorni” il Signore “sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra” (Is 2,1.4). Dobbiamo acquisire la convinzione del profeta e impegnarci a fondo contro la macchina bellica e l’industria – purtroppo sempre fiorente – delle armi, perché una volta costruite queste devono sparare o esplodere, altrimenti non le comprerebbe più nessuno.

Il 22 gennaio 2021 il Trattato di Proibizione delle armi nucleari (votato all’ONU nel luglio 2017 da centoventidue Paesi) ha assunto valore vincolante per tutti gli Stati che l’hanno sottoscritto. In forza di ciò, in quegli stessi Stati sono ormai illegali l’uso, lo sviluppo, l’effettuazione di test, la produzione, la fabbricazione, l’acquisizione, il possesso, l’immagazzinamento, l’installazione o il dispiegamento di armi nucleari.

L’Italia, che non sottoscrisse allora il Trattato, potrebbe ratificarlo adesso: al momento, però, tutto tace nelle nostre istituzioni governative, mentre invece ci s’impegna ad acquistare nuovi cacciabombardieri per una spesa complessiva di oltre 14 miliardi. A Hiroshima, il 24 novembre 2019, Papa Francesco affermò che “l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune”. È perciò “immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche. Saremo giudicati per questo”. Poche settimane or sono, il giorno di Pasqua, lo stesso Pontefice ha ribadito che il vero “scandalo”, nell’odierno contesto internazionale, in un tempo in cui la crisi falcia milioni di persone e molti di più ne getta in povertà, sta nel fatto che “non cessano i conflitti armati e si rafforzano gli arsenali militari”.

Unendo perciò la nostra voce a molte altre, chiediamo con forza al Governo e al Parlamento che l’Italia ratifichi subito il Trattato di Proibizione delle armi nucleari, receda dall’acquisto di nuove armi e impieghi diversamente le energie che ora investe nella loro fabbricazione, nella convinzione che la pace “non si riduce a un’assenza di guerra, frutto dell’equilibrio sempre precario delle forze. Essa si costruisce giorno per giorno, nel perseguimento d’un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini” (Paolo VI, enciclica Populorum Progressio, num. 76).

15 maggio 2021

130° anniversario della pubblicazione

dell’eciclica Rerum Novarum

Colloquio per l’accertamento dell’abilità pedagogica ai fini del riconoscimento dell’idoneità per l’IRC

Arcidiocesi di Sant’Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia
Ufficio Scuola Diocesano

L’Ufficio Scuola della Conferenza Episcopale Campana organizza un colloquio per l’accertamento dell’abilità pedagogica ai fini del riconoscimento dell’idoneità per l’IRC nelle singole diocesi della regione ecclesiastica.

Le domande di partecipazione al colloquio per l’accertamento dell’abilità pedagogica possono essere presentate dal 17 maggio 2021 al 7 giugno 2021 utilizzando l’apposito modulo scaricabile dal sito www.ireca.it.
Si invitano gli interessati a contattare, prima della presentazione della domanda, l’Ufficio Scuola Diocesano al fine di ottenere il rilascio del “nulla osta” del Vescovo per la partecipazione al colloquio.
L’avviso pubblico, il tesario per il colloquio e il modulo di domanda sono disponibili al seguente link:

Solidarietà e responsabilità di S.E. Mons. Pasquale Cascio

ai parroci alle comunità religiose a tutti i fedeli laici

Ai parroci

alle comunità religiose

a tutti i fedeli laici

Solidarietà e responsabilità

Osservando la situazione nazionale in continua evoluzione e, purtroppo, caratterizzata da un ulteriore aumento di contagi, prendo in considerazione nello specifico la nostra realtà locale, in cui vanno rimarcate sofferenze da non sottovalutare in una nuova fase di restringimento delle possibilità sociali. Mi permetto di porre all’attenzione dell’intera comunità diocesana due fattori imprescindibili.

Dal punto di vista sociale, dovremmo sentirci tutti chiamati alla responsabilità nei comportamenti personali e per il ruolo che ognuno di noi svolge, nell’ambito della famiglia, della scuola, della Chiesa, della professione, della politica evitando ogni forma di criminalizzazione. Non dimentichiamo mai la missione della solidarietà, facciamoci carico dell’aiuto verso chi ha bisogno. 

Per quanto riguarda la liturgia e continuare a celebrare in serenità l’Eucaristia con il popolo, insisto caldamente nell’invito a ottemperare a tutte le norme già stabilite e ben rodate per la Celebrazione Eucaristica, dall’ingresso in chiesa fino all’uscita senza creare assembramento. In particolare, siano presenti e utilizzabili i prodotti igienizzanti per l’assemblea e per il celebrante, l’uso obbligatorio della mascherina per tutti e il distanziamento. Ricordo e ammonisco i sacerdoti a dare la Comunione Eucaristica solo sulle mani, richiedendo a tutti questa forma, senza eccezioni di tipo spiritualistico. 

In casi peculiari di difficoltà personali o all’interno della comunità, chiedo ai sacerdoti di evitare la celebrazione per non correre il rischio di creare occasione di contagio. Alcune situazioni giunte alla nostra attenzione dalla cronaca nazionale, pur evidenziando ancora una volta il forte legame al proprio ruolo e al suo svolgimento, mi spingono a chiedere, dopo aver consultato il vescovo, di fare anche un passo indietro per tutelare quanti sono affidati alla nostra cura spirituale.

L’attenzione e il rispetto delle norme rientrano nella responsabilità morale delle nostre azioni e sono anche piccoli atti di carità fraterna. Per le celebrazioni della Settimana Santa, attendiamo lo sviluppo della situazione e daremo in seguito indicazioni specifiche.

Su tutti la benedizione del Signore, sorgente di vita e di speranza.

Sant’Angelo dei Lombardi, 9 marzo 2021 

+ Pasquale Cascio

              Arcivescovo


Messaggio del Santo Padre Francesco_55ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali

Vieni e Vedi (Gv. 1,46)

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

PER LA 55ma GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI (2021)

 

«Vieni e vedi» (Gv 1,46). Comunicare incontrando le persone dove e come sono

 

 

Cari fratelli e sorelle,

l’invito a “venire e vedere”, che accompagna i primi emozionanti incontri di Gesù con i discepoli, è anche il metodo di ogni autentica comunicazione umana. Per poter raccontare la verità della vita che si fa storia (cfr Messaggio per la 54ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 2020) è necessario uscire dalla comoda presunzione del “già saputo” e mettersi in movimento, andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà, che sempre ci sorprenderà in qualche suo aspetto. «Apri con stupore gli occhi a ciò che vedrai, e lascia le tue mani riempirsi della freschezza della linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, toccheranno con mano il miracolo palpitante della vita», consigliava il Beato Manuel Lozano Garrido[1] ai suoi colleghi giornalisti. Desidero quindi dedicare il Messaggio, quest’anno, alla chiamata a “venire e vedere”, come suggerimento per ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta: nella redazione di un giornale come nel mondo del web, nella predicazione ordinaria della Chiesa come nella comunicazione politica o sociale. “Vieni e vedi” è il modo con cui la fede cristiana si è comunicata, a partire da quei primi incontri sulle rive del fiume Giordano e del lago di Galilea.

 

Consumare le suole delle scarpe

Pensiamo al grande tema dell’informazione. Voci attente lamentano da tempo il rischio di un appiattimento in “giornali fotocopia” o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, “di palazzo”, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società. La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più “consumare le suole delle scarpe”, senza incontrare persone per cercare storie o verificare de visu certe situazioni. Se non ci apriamo all’incontro, rimaniamo spettatori esterni, nonostante le innovazioni tecnologiche che hanno la capacità di metterci davanti a una realtà aumentata nella quale ci sembra di essere immersi. Ogni strumento è utile e prezioso solo se ci spinge ad andare e vedere cose che altrimenti non sapremmo, se mette in rete conoscenze che altrimenti non circolerebbero, se permette incontri che altrimenti non avverrebbero.

 

Quei dettagli di cronaca nel Vangelo

Ai primi discepoli che vogliono conoscerlo, dopo il battesimo nel fiume Giordano, Gesù risponde: «Venite e vedrete» (Gv 1,39), invitandoli ad abitare la relazione con Lui. Oltre mezzo secolo dopo, quando Giovanni, molto anziano, redige il suo Vangelo, ricorda alcuni dettagli “di cronaca” che rivelano la sua presenza nel luogo e l’impatto che quell’esperienza ha avuto nella sua vita: «Era circa l’ora decima», annota, cioè le quattro del pomeriggio (cfr v. 39). Il giorno dopo – racconta ancora Giovanni – Filippo comunica a Natanaele l’incontro con il Messia. Il suo amico è scettico: «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?». Filippo non cerca di convincerlo con ragionamenti: «Vieni e vedi», gli dice (cfr vv. 45-46). Natanaele va e vede, e da quel momento la sua vita cambia. La fede cristiana inizia così. E si comunica così: come una conoscenza diretta, nata dall’esperienza, non per sentito dire. «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito», dice la gente alla Samaritana, dopo che Gesù si era fermato nel loro villaggio (cfr Gv 4,39-42). Il “vieni e vedi” è il metodo più semplice per conoscere una realtà. È la verifica più onesta di ogni annuncio, perché per conoscere bisogna incontrare, permettere che colui che ho di fronte mi parli, lasciare che la sua testimonianza mi raggiunga.

 

Grazie al coraggio di tanti giornalisti

Anche il giornalismo, come racconto della realtà, richiede la capacità di andare laddove nessuno va: un muoversi e un desiderio di vedere. Una curiosità, un’apertura, una passione. Dobbiamo dire grazie al coraggio e all’impegno di tanti professionisti –  giornalisti, cineoperatori, montatori, registi che spesso lavorano correndo grandi rischi – se oggi conosciamo, ad esempio, la condizione difficile delle minoranze perseguitate in varie parti del mondo; se molti soprusi e ingiustizie contro i poveri e contro il creato sono stati denunciati; se tante guerre dimenticate sono state raccontate. Sarebbe una perdita non solo per l’informazione, ma per tutta la società e per la democrazia se queste voci venissero meno: un impoverimento per la nostra umanità.

Numerose realtà del pianeta, ancor più in questo tempo di pandemia, rivolgono al mondo della comunicazione l’invito a “venire e vedere”. C’è il rischio di raccontare la pandemia, e così ogni crisi, solo con gli occhi del mondo più ricco, di tenere una “doppia contabilità”. Pensiamo alla questione dei vaccini, come delle cure mediche in genere, al rischio di esclusione delle popolazioni più indigenti. Chi ci racconterà l’attesa di guarigione nei villaggi più poveri dell’Asia, dell’America Latina e dell’Africa? Così le differenze sociali ed economiche a livello planetario rischiano di segnare l’ordine della distribuzione dei vaccini anti-Covid. Con i poveri sempre ultimi e il diritto alla salute per tutti, affermato in linea di principio, svuotato della sua reale valenza. Ma anche nel mondo dei più fortunati il dramma sociale delle famiglie scivolate rapidamente nella povertà resta in gran parte nascosto: feriscono e non fanno troppa notizia le persone che, vincendo la vergogna, fanno la fila davanti ai centri Caritas per ricevere un pacco di viveri.

 

Opportunità e insidie nel web

La rete, con le sue innumerevoli espressioni social, può moltiplicare la capacità di racconto e di condivisione: tanti occhi in più aperti sul mondo, un flusso continuo di immagini e testimonianze. La tecnologia digitale ci dà la possibilità di una informazione di prima mano e tempestiva, a volte molto utile: pensiamo a certe emergenze in occasione delle quali le prime notizie e anche le prime comunicazioni di servizio alle popolazioni viaggiano proprio sul web. È uno strumento formidabile, che ci responsabilizza tutti come utenti e come fruitori. Potenzialmente tutti possiamo diventare testimoni di eventi che altrimenti sarebbero trascurati dai media tradizionali, dare un nostro contributo civile, far emergere più storie, anche positive. Grazie alla rete abbiamo la possibilità di raccontare ciò che vediamo, ciò che accade sotto i nostri occhi, di condividere testimonianze.

Ma sono diventati evidenti a tutti, ormai, anche i rischi di una comunicazione social priva di verifiche. Abbiamo appreso già da tempo come le notizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili, per mille motivi, a volte anche solo per banale narcisismo. Tale consapevolezza critica spinge non a demonizzare lo strumento, ma a una maggiore capacità di discernimento e a un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti. Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere.

 

Nulla sostituisce il vedere di persona

Nella comunicazione nulla può mai completamente sostituire il vedere di persona. Alcune cose si possono imparare solo facendone esperienza. Non si comunica, infatti, solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti. La forte attrattiva di Gesù su chi lo incontrava dipendeva dalla verità della sua predicazione, ma l’efficacia di ciò che diceva era inscindibile dal suo sguardo, dai suoi atteggiamenti e persino dai suoi silenzi. I discepoli non solamente ascoltavano le sue parole, lo guardavano parlare. Infatti in Lui – il Logos incarnato – la Parola si è fatta Volto, il Dio invisibile si è lasciato vedere, sentire e toccare, come scrive lo stesso Giovanni (cfr 1 Gv 1,1-3). La parola è efficace solo se si “vede”, solo se ti coinvolge in un’esperienza, in un dialogo. Per questo motivo il “vieni e vedi” era ed è essenziale.

Pensiamo a quanta eloquenza vuota abbonda anche nel nostro tempo, in ogni ambito della vita pubblica, nel commercio come nella politica. «Sa parlare all’infinito e non dir nulla. Le sue ragioni sono due chicchi di frumento in due staia di pula. Si deve cercare tutto il giorno per trovarli e, quando si son trovati, non valgono la pena della ricerca».[2] Le sferzanti parole del drammaturgo inglese valgono anche per noi comunicatori cristiani. La buona novella del Vangelo si è diffusa nel mondo grazie a incontri da persona a persona, da cuore a cuore. Uomini e donne che hanno accettato lo stesso invito: “Vieni e vedi”, e sono rimaste colpite da un “di più” di umanità che traspariva nello sguardo, nella parola e nei gesti di persone che testimoniavano Gesù Cristo. Tutti gli strumenti sono importanti, e quel grande comunicatore che si chiamava Paolo di Tarso si sarebbe certamente servito della posta elettronica e dei messaggi social; ma furono la sua fede, la sua speranza e la sua carità a impressionare i contemporanei che lo sentirono predicare ed ebbero la fortuna di passare del tempo con lui, di vederlo durante un’assemblea o in un colloquio individuale. Verificavano, vedendolo in azione nei luoghi dove si trovava, quanto vero e fruttuoso per la vita fosse l’annuncio di salvezza di cui era per grazia di Dio portatore. E anche laddove questo collaboratore di Dio non poteva essere incontrato in persona, il suo modo di vivere in Cristo era testimoniato dai discepoli che inviava (cfr 1 Cor 4,17).

«Nelle nostre mani ci sono i libri, nei nostri occhi i fatti», affermava Sant’Agostino,[3] esortando a riscontrare nella realtà il verificarsi delle profezie presenti nelle Sacre Scritture. Così il Vangelo riaccade oggi, ogni qual volta riceviamo la testimonianza limpida di persone la cui vita è stata cambiata dall’incontro con Gesù. Da più di duemila anni è una catena di incontri a comunicare il fascino dell’avventura cristiana. La sfida che ci attende è dunque quella di comunicare incontrando le persone dove e come sono.

Signore, insegnaci a uscire dai noi stessi,

e a incamminarci alla ricerca della verità.

Insegnaci ad andare e vedere,

insegnaci ad ascoltare,

a non coltivare pregiudizi,

a non trarre conclusioni affrettate.

Insegnaci ad andare là dove nessuno vuole andare,

a prenderci il tempo per capire,

a porre attenzione all’essenziale,

a non farci distrarre dal superfluo,

a distinguere l’apparenza ingannevole dalla verità.

Donaci la grazia di riconoscere le tue dimore nel mondo

e l’onestà di raccontare ciò che abbiamo visto.

 

Roma, San Giovanni in Laterano, 23 gennaio 2021, Vigilia della Memoria di San Francesco di Sales.

 

Franciscus

Messaggio per la Santa Pasqua 2021

di S.E. Mons. Pasquale Cascio

Messaggio per la Santa Pasqua 2021

 

“Per le sue piaghe noi siamo stati guariti” (Is 53,5).

“Mostrò loro le mani e il fianco” (Gv 20, 10).

 

 

Carissimi,

poniamo questo lungo tempo di sofferenza, di preoccupazione e di paura tra queste due sponde della Parola di Dio: il servo sofferente (Is 53) e il Crocifisso-Risorto (Gv 20). In questa condizione non ci sentiamo solo minacciati, ma anche protetti e sicuri.

Innanzitutto c’è la misteriosità della sofferenza dell’uomo, catapultata, compressa e concentrata nella persona di Gesù, servo sofferente, “uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia” (Is 53, 3). Senza cadere in una patetica drammatizzazione, anche noi in questo tempo ci stiamo coprendo la faccia. Quale valore ha questo gesto? È per la difesa reciproca non dal fratello ma dal virus. Questa è la risposta immediata e autentica, ma deve liberarsi dal rischio di scivolare nel disprezzo, nella vergogna e nella separazione. Aspettiamo come liberazione il momento in cui si squarcerà come il velo del tempio e ci rivedremo faccia a faccia. Siamo tutti ad immagine e somiglianza del Creatore e del Crocifisso glorificato. Ora vediamo anche in quella mascherina il Cristo uomo dei dolori o, secondo l’arte scultorea napoletana, il Cristo velato. Quel velo non toglie alle piaghe del Crocifisso la potenza guaritrice e salvatrice; esso diventa il manto della giustizia e della misericordia divine, da cui è avvolto il Signore e in cui Egli avvolge ogni uomo e ogni donna. Giustizia e misericordia ci giustificano e, per grazia, ci salvano. La tenerezza misericordiosa di Dio Padre avvolge l’umanità sofferente del Figlio per raggiungere l’umanità nostra sofferente, peccatrice e votata alla morte. Per quel delicato e trasparente velo della misericordia, il Padre “ci ha gratificati nel Figlio amato” (Ef 1, 7). Il velo non fa da filtro alla grazia salvatrice, ma rende le ferite e le piaghe causa e strumento di salvezza. Esse raccontano il percorso della salvezza universale nel corpo di Gesù, Uomo-Dio: “Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia: dalle sue piaghe siete state guariti” (1Pt 2, 24). In questo tempo è giusto annunciare la nostra salvezza senza scorciatoie: sono stati necessari il percorso della croce, che non si cancella, ma salva, la forza delle piaghe e delle ferite, che non scompaiono ma danno la guarigione. La loro potenza guaritrice è liberante e dispone il vero discepolo alla sequela del Signore. Esse comunicano misericordia e offrono l’esempio da seguire: “Cristo patì per voi lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme” (1Pt 2, 21). Le piaghe di Cristo sono le orme a cui consegnare le nostre ferite, perché, ricevendo guarigione e grazia, diventino strumento di cura, attenzione e guarigione reciproca. Le ferite dell’umanità si incontrano nelle piaghe di Cristo per un vero cammino di fede, che segni il passaggio dall’essere erranti come pecore all’essere ricondotti al Pastore e custode delle nostre anime (cfr. 1Pt 2, 25).

In questo tempo turbato e triste, siamo chiamati ad uscire dalla chiusura individualista e dalla sterile commiserazione. Noi cristiani dobbiamo rafforzare la fede in Gesù, Buon Pastore, che ha dato la vita per le sue pecore e le raduna e le custodisce con le sue orme, impresse come ferite nella sua vera umanità per la nostra fragile umanità. In questa Pasqua viviamo l’esperienza degli apostoli di fronte al Risorto che mostra le cicatrici “delle mani e del fianco” (Gv 20, 20) e di San Tommaso che le cerca come segno per credere. Gesù invita Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani, tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!” (Gv 20, 27). Noi siamo chiamati a credere vedendo nelle mani dei fratelli e delle sorelle, come anche nelle nostre, i segni del Crocifisso-Risorto, che continua nell’umanità il suo percorso di dolore salvato e salvifico. Non dobbiamo toccare le ferite da increduli, ma come credenti nella Pasqua di Risurrezione, prendendoci cura dell’umanità sofferente con la dolcezza dell’amore fraterno. In questa Pasqua viviamo con Cristo il passaggio dal velo che nasconde, al velo che trasuda misericordia, dal velo che protegge le ferite al velo che le presenta come orme da seguire, dal velo che annuncia la novità del corpo risorto al velo che fa sentire la bellezza del comandamento nuovo dell’amore: “Vi scrivo un comandamento nuovo, e ciò è vero in Lui e in voi perché le tenebre stanno diradandosi e già appare la luce vera” (1Gv 2, 8). Sfolgori per tutti il sole di Pasqua, risuoni il cielo di canti, esulti di gioia la terra, perché Gesù è risorto e ci precede.

+ Pasquale Cascio

arcivescovo

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XXII Convegno nazionale della Pastorale della Salute

3-13 maggio 2021 (online)

XXII Convegno nazionale della Pastorale della Salute

 

Gustare la vita curare le relazioni

Una prospettiva per la pastorale della salute

3-13 maggio 2021 (online)

 

Al tavolo “I DIACONI IN PASTORALE DELLA SALUTE: ESPRESSIONE DI VOCAZIONE DI UNA CHIESA CHE SERVE” ha collaborato anche il nostro Ufficio diocesano di pastorale della salute relativamente ai temi “con le famiglie” e “con le strutture”.

 

Vi invito al prossimo XXII Convegno Nazionale di pastorale della salute promosso da questo Ufficio, che ha per tema: «Gustare la vita, curare le relazioni. Una prospettiva per la pastorale della salute». Le doverose misure precauzionali in atto ci impongono di svolgerlo completamente online. Vi invito pertanto a seguirlo attraverso i canali social dell’Ufficio Nazionale e a darne massima diffusione.

Potete trovare il programma, i relatori, gli enti organizzatori delle singole sessioni e i link di accesso nella pagina dedicata: https://www.convegnosalute.it/ Per partecipare attivamente alle sessioni, attraverso la piattaforma Webex (password: salus) o per seguire l’evento attraverso YouTube, trovate i link nella pagina: https://www.convegnosalute.it/le-sessioni/

Le SESSIONI TEMATICHE di approfondimento, curate da autorevoli IRCCS, dai Tavoli di lavoro istituiti presso l’Ufficio Nazionale e da altri Enti che collaborano stabilmente con noi, si svolgono da lunedì 3 maggio a lunedì 10 maggio. È possibile seguire la singola sessione ed invitare quanti siano maggiormente interessati, in particolare operatori sanitari, operatori e animatori della pastorale della salute, associazioni dedicate, gli Ordini professionali interessati.

Le SESSIONI PLENARIE si svolgo nei tre pomeriggi dell’11-12-13 maggio. Il tema del Convegno, dedicato al “gusto” (rinviato lo scorso anno per la prima emergenza pandemica) prosegue nella riflessione iniziata nel 2018 sui cinque sensi declinati nella pastorale della salute.

La partecipazione a tutte le sessioni è gratuita e non necessita di iscrizione. In allegato il libretto con il programma in formato pdf con i link attivi. Riteniamo che dare il massimo risalto a questa iniziativa possa andare incontro alle costanti richieste di formazione che vi raggiungono nelle vostre Diocesi. Nello Spirito della Pasqua del Signore, vi saluto cordialmente.


Incontri on-line sensibilizzazione donazione organi_il link per entrare nella riunione

Ufficio Diocesano per la Pastorale della Salute

Sensibilizzazione donazione organi

Pastorale della Salute e Centro Regionale Trapianti Campania

30 aprile 2021 ore 18.30

L’Ufficio diocesano per la pastorale della salute riprende la sensibilizzazione su un argomento quanto mai importante e interessante: la donazione di organi.
Ancora una volta il dottor Enzo Del Giudice ha dato la propria disponibilità a concederci parte del suo tempo per essere presente in alcuni incontri online.
L’incontro sarà aperto a singoli, parrocchie, associazioni e chiunque fosse sensibile all’argomento.

Pertanto, chi fosse interessato acceda al link nella riunione in Zoom:
https://us02web.zoom.us/j/87423413511?pwd=YlNzSmVZcTdSbmVGb05MOXJDcDBLZz09

Messaggio dei Vescovi della Campania

Conferenza Episcopale Campana

Abbiamo preso atto del recente studio epidemiologico e sanitario, commissionato dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord e realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità, pubblicato il 10 febbraio u.s. Il Rapporto è frutto di un accordo di collaborazione scientifica con l’Istituto Superiore di Sanità «finalizzato allo scambio di dati e di informazioni derivanti dalla sorveglianza epidemiologica della popolazione residente nel Circondario di Napoli Nord, con riferimento agli eccessi della mortalità e dell’incidenza tumorale…».

Riteniamo il Rapporto di particolare importanza, in quanto si riconosce, per la prima volta, «un possibile ruolo causale e/o concausale dei siti di rifiuti, in particolare quelli incontrollati e illegali di rifiuti pericolosi, nell’insorgenza di queste malattie». È la conferma, da parte di indiscusse autorità, di quanto la popolazione ha percepito da tempo. Riconosciamo che si tratta di un atto ufficiale di notevole portata con il quale tutti, anche la cosiddetta “corrente negazionista” dovrà confrontarsi.

Auspichiamo che tale esempio virtuoso di collaborazione tra Enti ed Istituzioni possa continuare;

chiediamo che:

  • si estenda il monitoraggio sugli altri territori interessati all’inquinamento ambientale, sviluppando “un sistema di sorveglianza epidemiologica in particolare nelle province di Napoli e Caserta”;

 

  • si realizzino gli interventi evidenziati dai risultati dell’indagine che lo stesso Rapporto raccomanda:

 

  • bloccare qualsiasi attività illecita e non controllata di smaltimento di rifiuti;
  • bonificare i siti;
  • incentivare un ciclo virtuoso della gestione dei rifiuti;
  • attivare un piano di sorveglianza epidemiologica permanente per le popolazioni;
  • sviluppare attività educative alla corresponsabilità.

 

annunciamo che il prossimo 17 aprile si terrà ad Acerra, dalle 9.00 alle 13.00, il Convegno nazionale Custodire le nostre Terre. Salute, ambiente, lavoro[1], promosso dalle Commissioni e dagli Uffici competenti della CEI e da noi vescovi della Campania.

Invochiamo dal Signore, per tutti in questo tempo di Quaresima, il dono di una costante conversione alla salvaguardia del creato.

Pompei, 2 marzo 2021

                                                                                                               I Vescovi

                                                                                       della Conferenza Episcopale Campana

[1] Il Convegno sarà trasmesso online sul canale YouTube dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute: www.youtube.com/ceipastoraledellasalute. Informazioni e programma completo sul sito della Diocesi di Acerra.


Con prudenza e coraggio creativo

Messaggio dei Vescovi della Campaniaai presbiteri e a quanti sono impegnati nella difficile ripresa delle attività pastorali

Conferenza Episcopale Campana

 

Con prudenza e coraggio creativo

Messaggio dei Vescovi della Campania ai presbiteri e a quanti sono impegnati nella difficile ripresa delle attività pastorali

 

Carissimi,

in continuità con la “lettura sapienziale del tempo presente”, offerta nello scorso luglio, avvertiamo il bisogno, in questa fase che è segnata ancora dall’assedio dell’epidemia, di dire una parola amica, che incoraggi a guardare il futuro con speranza. Vorremmo raggiungere tutti voi, presbiteri, diaconi, consacrati e consacrate, laici e laiche, che siete impegnati nella difficile ripresa delle attività pastorali.

 

  1. «Sentinella, quanto resta della notte?» (Is 21,11). Questo testo di Isaia ha due punti che vanno tenuti ben presenti: la sentinella, immagine del profeta che legge la storia in anticipo rispetto agli altri, e la notte che rimanda al dramma di una storia che nemmeno il profeta riesce a penetrare. La condizione così delineata ha molti punti di aggancio con la nostra attualità. La domanda sulla durata della notte ci appartiene; è la nostra domanda di oggi: quanto resta della notte?

La crisi del Covid è stata come uno specchio per la Chiesa; essa ha rivelato quel che esisteva già: da una parte, la cura degli altri, il dinamismo, la creatività, ma, dall’altra anche l’inerzia, il ripiegamento su di sé, l’immobilismo davanti a nuove sfide.

In questa “notte” in cui la vita delle nostre comunità è ancora parzialmente bloccata, restiamo ammirati di molti di voi che hanno cercato di non perdere i contatti con i fedeli, anche attraverso forme nuove e creative. Rinnoviamo la riconoscenza a questi sacerdoti e operatori pastorali per la generosa disponibilità con cui, anche in questi mesi difficili, hanno saputo mantenere i contatti con le persone, in particolare i ragazzi e le loro famiglie, ricorrendo anche all’uso dei mezzi digitali. Li incoraggiamo a perseverare in questo cammino. Altri, invece, forse per la paura di possibili contagi, non hanno reagito all’immobilismo, magari attendendo che tutto passi. Invitiamo questi ultimi a non assumere un atteggiamento attendista. È vero: questo non è il tempo di fare programmi o di dare risposte, in quanto, come è stato detto, “siamo ancora sott’acqua”; ma è anche vero che bisogna evitare il rischio che, con il passare del tempo, il nostro popolo si disaffezioni, si “raffreddi” nell’appartenenza e nella partecipazione alla vita ecclesiale e si isoli sempre di più. Consigliamo, perciò, di riprendere con prudenza e coraggio creativo le attività pastorali, raccomandando, certamente, l’adozione delle misure di sicurezza, ma curando anche di non trascurare l’attenzione alle persone e alle relazioni.

Lo spirito di questo nostro intervento è quello di dare entusiasmo e di trasmettere il messaggio che dobbiamo riprendere il cammino e rimetterci in gioco, senza attendere altri tempi. Diciamo no all’ “accidia”, che potrebbe far morire il cammino delle nostre comunità.

Vi esortiamo ad avere uno sguardo di speranza, come ci ha invitato a fare Papa Francesco: «Per adorare il Signore bisogna anzitutto “alzare gli occhi”: non lasciarsi cioè imprigionare dai fantasmi che spengono la speranza, e non fare dei problemi e delle difficoltà il centro della propria esistenza. Ciò non vuol dire negare la realtà, fingendo o illudendosi che tutto vada bene. No. Si tratta invece di guardare in modo nuovo i problemi e le angosce, sapendo che il Signore conosce le nostre situazioni difficili… Quando fissiamo l’attenzione esclusivamente sui problemi, rifiutando di alzare gli occhi a Dio, la paura invade il cuore e lo disorienta» (Omelia nella Santa Messa nella Solennità dell’Epifania del Signore, 6 gennaio 2021).

 

  1. In questo tempo molti si aspettano dalla Chiesa che, attraverso la carità, sia vicina alle sofferenze della gente. L’abbiamo fatto e lo stiamo facendo: le nostre comunità ecclesiali, il nostro popolo hanno scritto, in questo periodo, una pagina di carità che resterà nella storia delle nostre Chiese. Come non ricordare qui il coraggio dei nostri sacerdoti, l’opera delle nostre Caritas, la generosità dei volontari, che hanno segnato, in maniera memorabile questi nostri giorni? Ma, ci chiediamo, la Chiesa è solo questo? È solo questo il suo compito in questo tempo di pandemia? Altri, soprattutto le Istituzioni, ci hanno chiesto di supportare l’azione dello Stato e di invitare i fedeli ad essere responsabili e ad adottare le misure di sicurezza. Durante il periodo del lockdown si sono lette e sentite molte esortazioni dei responsabili ecclesiali a seguire le regole sanitarie. Ma, anche qui, la Chiesa è solo questo? È solo questo il suo compito in questo tempo di pandemia? Che cosa è stato manifestato del messaggio specifico che è proprio ai cristiani? Forse abbiamo rinunciato a dire qualcosa di nostro, di evangelico, in questa situazione inedita e complessa? Esortiamo tutti ad esplicitare di più il nostro compito specifico in questa situazione: quello di offrire un supplemento d’anima, offrire un senso, dare un orientamento, indicare una rotta, una luce in questa notte che è scesa su di noi. Chi dona tutto questo è una Persona: Gesù Cristo.

 

  1. «Mi fu poi rivolta questa parola del Signore: “Che cosa vedi, Geremia?”. Risposi: “Vedo un ramo di mandorlo”. Il Signore mi rispose: “Hai visto bene: poiché io vigilo sulla mia parola per realizzarla”» (Ger 1, 11-12).

Con questo messaggio non intendiamo dare indicazioni concrete uguali per tutti, essendo diverse le situazioni delle nostre Diocesi e delle singole parrocchie, per spazi, operatori pastorali e risorse. Ma intendiamo offrire alcuni criteri a cui ispirarsi per affrontare questa fase nella vita pastorale delle nostre comunità. Secondo l’immagine usata dal profeta, questo è il tempo di generare “visioni”, cioè di fare spazio alla creatività, anche alla creatività pastorale. La ripresa delle attività pastorali è “necessariamente graduale e ancora limitata dalle misure di tutela della salute pubblica”, ma bisogna porre le condizioni “per aprirsi a nuove forme di presenza ecclesiale” (cf. Lettera della Presidenza CEI, 23 luglio 2020).

 

Ci sembra che, in questi mesi di emergenza sanitaria, siano emerse alcune priorità che proviamo ad indicarvi.

  • «Tu ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta: … di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri» Così diceva Papa Francesco in quella sera del 27 marzo. Anzitutto, reimpostare la rotta verso di Lui. La pandemia ha riportato a galla la verità profonda che tutte le cose sono precarie e transitorie. Questa crisi può essere l’occasione per riscoprire che nonostante tutto c’è un punto fermo da cui ripartire, e questo punto fermo è Dio. Questo è il tempo di rimettere “in auge” parole antiche che forse abbiamo dimenticato: la domanda sulla vita, sulla morte, sull’orizzonte ultimo della vita eterna. Pertanto, esortiamo le nostre comunità a dare maggiore spazio, in qualsiasi forma, alla Parola di Dio, alla catechesi degli adulti.
  • Esortiamo a riprendere i cammini di fede, soprattutto per l’iniziazione cristiana dei ragazzi, valorizzando le sapienti “Linee guida per la catechesi in Italia in tempo di Covid”, dal titolo “Ripartiamo insieme”, offerte dall’Ufficio Catechistico Nazionale nel giugno scorso.

Si adotti un sapiente equilibrio tra la forma “in presenza” e la modalità online.

«Le nuove tecnologie sono di grande aiuto per tenere i contatti e per svolgere attività ma non possono sostituire la ricchezza dell’incontro personale, della presenza … I ragazzi, i giovani e l’intera comunità hanno bisogno che le parrocchie, gli oratori, le scuole possano tornare il prima possibile a svolgere la loro funzione di contesti di crescita. Non ci potrà essere un ritorno improvviso alle condizioni di prima, ma fin d’ora tutti sono sollecitati a fare la propria parte, partendo da quello che questo tempo sta mettendo in evidenza» (Consiglio Permanente della CEI del 26 gennaio 2021).

  • Come già indicavamo nel documento di luglio, tra le “cose nuove” sperimentate nel tempo della pandemia c’è la ripresa della preghiera in famiglia, che è opportuno continuare in tutte le sue forme.
  • Nuovo spazio occorre dare al “prendersi cura” gli uni degli altri e a dare vita ad una nuova fantasia della carità.
  • Cogliamo questo tempo per mettere in movimento un cammino di formazione degli operatori per il “dopo pandemia”.
  • “Tutto è connesso”: l’emergenza sanitaria è strettamente connessa all’emergenza sociale e a quella ambientale. Esortiamo a vivere la prossima Quaresima offrendo nelle nostre comunità riflessioni e preghiere sulla Laudato  si’, a cui Papa Francesco ha dedicato quest’anno in corso.

 

  1. Ci permettiamo, poi, di raccomandarvi alcune sollecitudini:
  • La centralità dell’Eucarestia domenicale: non possiamo accettare che si radichi nel nostro popolo la mentalità di ritenere che l’Eucarestia rientri tra i beni considerati non necessari, di cui si può fare anche a meno, né l’opinione secondo la quale “assistere” alla Messa in televisione sostituisca la partecipazione in presenza all’Eucarestia. Perciò, esortiamo vivamente i fedeli a partecipare all’Eucarestia domenicale, superando la paura e avendo fiducia sulle garanzie di sicurezza delle nostre chiese.
  • Esortiamo a non trascurare il sacramento della riconciliazione, l’adorazione eucaristica e la preghiera personale; a tale riguardo, invitiamo vivamente i presbiteri a lasciare aperte le chiese.
  • Esortiamo i pastori ad esprimere concreta vicinanza agli ammalati e alle famiglie colpite dal lutto e dal dolore.
  • Nella celebrazione delle esequie si accolgano in chiesa anche i defunti “interessati dal Covid-19”, secondo le recenti disposizioni del Ministero della Salute[1]. Si evitino accuratamente gli assembramenti.

 

  1. Rivolgiamo, infine, una parola ai sacerdoti.

Quello che sta accadendo ci porta a ridare più spazio ad un aspetto del nostro ministero che è stato sempre presente ma che oggi forse dobbiamo vivere con una consapevolezza rinnovata: pregare e intercedere per il popolo che ci è stato affidato. Questo appare oggi come il ministero più prezioso, il primo e fondamentale, dal quale trae forza ogni altro. Le circostanze ci spingono a tornare al posto che ci spetta, preferendo a tutto il resto la preghiera e l’annuncio del Vangelo (cf At. 6,4). Questo esige di farci carico delle domande e delle sofferenze della nostra gente. Solo se viviamo la vicinanza a loro, li potremo portare con noi nella preghiera e intercedere per loro.

Un’ultima parola di incoraggiamento intendiamo indirizzarla ai nostri Seminari: seguiamo con particolare trepidazione gli sforzi che stanno facendo per assicurare la formazione dei seminaristi, nel rispetto delle prescrizioni sanitarie. Vi accompagnino il nostro sostegno e la nostra benedizione.

 

Pompei, 2 febbraio 2021

I vostri vescovi

[1] «Sono consentite cerimonie funebri in luoghi di culto, sale del commiato, case funerarie, purché a feretro sigillato e disinfettato esternamente e non sussista divieto di esecuzione con ordinanza del sindaco in situazioni di consistente focolaio». (Circolare del Ministero della Salute dell’11 gennaio 2021. Allegato 1).

In ricordo di Don Antonio Tenore

lunedì 19 aprile alle ore 18.30 sarà celebrata l’Eucarestia presieduta dall’Arcivescovo

 

A un anno dalla dipartita di don Antonio Tenore, nella sua parrocchia Sacro Cuore di Gesù in Bisaccia lunedì 19 aprile alle ore 18.30 sarà celebrata l’Eucarestia presieduta dall’Arcivescovo mons. Pasquale Cascio in memoria e in suffragio di questo nostro fratello presbitero, Direttore dell’Ufficio Scuola.

Un invito ad unirsi alla preghiera.