Lettera alla famiglia 2019

Lettera alla famiglia 2019

 

Cara famiglia,

con gioia natalizia, con trepidazione paterna e con speranza pasquale mi rivolgo a te, così come sei composta davanti a Dio, alla Chiesa e al mondo, secondo le intenzioni profonde dei cuori.

Il tempo natalizio vede protagonista la Santa Famiglia di Nazaret, che trasmette, nella sua unità, la gioia del Salvatore. Gioisci, perché sei famiglia e rendi grazie per la salvezza, che sperimenti ogni giorno: “E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di Lui a Dio Padre” (Col 3, 17). Nel nome di Cristo sento la mia paternità trepidante e responsabile. Desidero unirmi al tuo ringraziamento, insieme con tutti i membri che ti compongono e offrire ad ognuno la Parola, che illumina, rafforza e dona la speranza. Infatti la gioia del Natale trova la sua pienezza nel compimento della salvezza pasquale. Nella potenza dello Spirito di Gesù Risorto, ogni sua parola è viva ed efficace per la tua vita e per i tuoi membri, ciascuno secondo la propria relazione. Nel brano del Vangelo secondo Matteo, proclamato nella festa della Santa Famiglia, c’è un forte invito ai padri: “Giuseppe, alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto … Va’ nella terra di Israele” (Mt 2, 13.20). Cari padri, siete chiamati in modo speciale ad una funzione protettiva e di orientamento esistenziale. La vostra vocazione è un appello alla responsabilità e all’esempio: “Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino” (Col 3, 21). Siete chiamati ad essere maestri di speranza, perché date testimonianza di un amore forte, che vince la durezza: “Voi mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza” (Col 3, 19). La paternità umana non si può esprimere senza la maternità, non esiste in forma isolata, ma

la esige accanto, perché l’amore e la cura di Dio raggiungano i figli e si percepiscano in tutta la comunità. Dal canto suo la maternità necessita della dimensione paterna: “Il Signore infatti ha glorificato il padre al di sopra dei figli e ha stabilito il diritto della madre sulla prole” (Sir 3, 2). Queste parole antiche del Siracide, Parola di Dio,

non mortificano la libertà dei figli, ma le danno un fondamento certo, umano e umanizzante,

perché i figli crescono con i genitori, questi crescono grazie ai figli e la famiglia è unita in questa crescita comune e condizionante per tutti i suoi membri. Questo fondamento richiama la verità della coppia: il marito e la moglie sono sacramento e segno dell’amore di Gesù; “scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri” (Col 3, 12-13). I figli di una tale coppia cristiana vivono l’obbedienza come godimento e come apprendimento dell’amore: “Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore” (Col 3, 20). È gradita l’obbedienza verso coloro che compiono, a loro volta, ciò che è gradito al Signore. In questo modo tutti i membri tendono a scoprire la volontà di Dio e si aiutano a vivere in questa volontà: “Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto” (Col 3, 14). Dovunque c’è la carità, come amore puro, libero, gratuito, disinteressato e misericordioso, lì è presente Dio. Con l’amore vicendevole, in qualche maniera anche nascosta e inconsapevole, entra la parola di Cristo, che aiuta a superare le prove e a vincere la durezza, questa, quasi con un turno perverso, prende il cuore di tutti i membri. Sempre si possa realizzare l’affermazione di Paolo: “La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori” (Col 3, 16). Come si può realizzare questa parola? Forse non è possibile sempre nella casa, ma sicuramente nel cuore di ogni familiare. Proprio nel cuore ogni membro sente le voci del marito,

della moglie, del padre, della madre, del fratello, della sorella, del figlio e della figlia e non prova disagio. Non è frastornato, ma sente l’armonia dell’appartenenza alla sua famiglia. Dai cuori che armonizzano le voci e le presenze altrui c’è speranza che nascano parole e gesti di dialogo, di comprensione, di attesa e di progetti nuovi, realizzati insieme.

La gratitudine reciproca tiene saldi i legami e diventa il luogo dove la grazia di Dio si percepisce e si trasmette anche all’esterno, verso altre persone e soprattutto verso le altre famiglie. Gli sguardi reciproci non devono fissarsi per attendere la caduta dell’altro membro familiare o delle altre famiglie, invece, devono diventare sostegno e reciproca gratitudine. Possiamo sviluppare come Chiesa al nostro interno e verso il mondo questo atteggiamento fraterno di modo che “la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie” (Col 3, 15). Il rendimento di grazie costituisce il clima rasserenante, costruttivo e fruttuoso della vita familiare, sia nel convito e negli incontri familiari, sia nella partecipazione comune all’Eucarestia.

La mia paterna benedizione si unisca al rendimento di grazie di ogni famiglia, riunita intorno alla mensa, nella gioia di Gesù, pane vivo disceso dal cielo, nella mangiatoia di Betlemme!

 

+ Pasquale Cascio

 

Sant’Angelo dei Lombardi, 29 dicembre 2019

Festa della Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

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immagine: Giovan Francesco Penni, Sacra Famiglia,

sec. XVI, olio su tavola

Cava de’ Tirreni, Abbazia della Santissima Trinità (Sa)